La Terra una madre che nutre

La Terra una madre che nutre

L’esposizione universale alla quale ci stiamo preparando, ci offre l’occasione di riflettere sull’incredibile bellezza e fecondità del pianeta che ci ospita e del quale siamo provvisori inquilini. Con grande meraviglia vediamo come il lungo cammino dell’uomo sul globo con tutti i suoi processi evolutivi, anche prima di essere “sapiens” è stato reso possibile da ogni erba che produce seme e da ogni albero che produce frutto. La materia vivente distribuita in un infinita varietà di forme, di colori e di sapori contiene quanto è necessario per nutrire ogni essere animato. L’originale istinto e gli innati sensi hanno spinto l’uomo non solo a nutrirsi di ciò che trovava spontaneamente nei campi e nelle foreste ma a coltivare la terra sviluppando la consapevolezza dell’importanza della natura, legandola in modo indissolubile alla cultura che è rispetto, protezione, cura intelligente e amorosa. La terra si mostra madre perché genera cibo e vita.
È dal lavoro che l’uomo trae il suo sostegno, coltivando migliora il suo nutrimento, inizia così il suo vivere sociale più bello, più umano. È probabile che il linguaggio sia nato intorno a una pietra che come una tavola radunava attorno a sé gli uomini e le donne che avevano deciso di mangiare insieme, non più come gli animali ma come esseri relazionali mossi certo dal bisogno, ma anche dal desiderio e dalla soddisfazione di condividere il nutrimento sperimentando la gioia della vita comune. Il cibo diventa uno spartiacque fra gli umani e gli animali, sarà consumato per soddisfare i bisogni individuali ma anche per condividerlo con gli altri nell’armonia della famiglia e con gli amici.
L’arretratezza dei sistemi di coltivazione, la non conoscenza delle possibilità nutrizionali offerte dalla sterminata gamma dei prodotti agro alimentari è fra le prime cause della denutrizione. È possibile combattere ignoranza e il sottosviluppo agricolo dovuto a metodi di lavoro atavici con la formazione, l’informazione, l’educazione, la sperimentazione, la meccanica e la tecnica. Lo studio dell’idrologia e della geologia sono prioritarie in certe aree povere e morfologicamente aride e complesse. Uno dei progetti più ambiziosi che Shalom porta avanti da quattro anni in Africa occidentale e più precisamente in Burkina Faso, è l’Istituto Superiore di Agronomia che contiamo di far crescere anche grazie al sostegno della Regione Toscana, delle Cooperative agricole e alimentari, e sul piano scientifico dalle nostre più prestigiose Università. Il nostro obiettivo è la formazione di esperti agronomi e allevatori per aprire scuole professionali di settore nei paesi africani dove siamo presenti da inviare nei villaggi per educare i contadini e le donne che solitamente lavorano nei campi. Ci proponiamo di migliorare la loro alimentazione e di ridurre la loro fatica. Al momento la nostra facoltà di agronomia è l’unica del Paese ed i Ministeri provvisori dell’Agricoltura del Sociale e dell’Acqua incoraggiano il progetto.
L’egoismo che l’uomo si trascina fin dai primordi ha impedito fino ad oggi di sconfiggere le disuguaglianze tra individui e popoli causando la malnutrizione e la fame, vergognosa piaga che ha accompagnato la storia del mondo fino ad oggi. Le cifre del fenomeno continuano ad essere drammatiche malgrado i proclami di sconfitta della fame delle agenzie internazionali, un miliardo e cento persone, vivono in stato di povertà estrema, circa 842 milioni soffrono la fame e oltre due milioni di bambini ogni anno muoiono per mancanza di cibo (dati FAO). Solo il 42% dell’equivalente calorico dei prodotti coltivati a scopo alimentare a livello globale viene direttamente consumato dall’uomo il resto è per l’allevamento e prodotti industriali, tra cui i biocarburanti. Come ricorda la Caritas, “c’è chi sostiene che la capacità di produzione agricola del mondo odierna sarebbe in grado di sfamare circa 12 miliardi di esseri umani” mi chiedo quale cause impediscono di sfamare tutti gli esseri umani e cosa succederà quando nel 2050 saremo 9 miliardi? Vale la pena di interrogarci su questi problemi epocali, auguriamoci che l’expo possa non solo favorire il dialogo e l’incontro dei popoli, ma generare domande e favorire risposte.
Talvolta la terra più che madre è matrigna, inondazioni, siccità, dissesti geologici la rendono infeconda. Quanta responsabilità ha l’uomo in tutto ciò? Sarà possibile prevenire? Estensioni di terra e foreste grandi come Nazioni sono concentrate nelle mani di pochi o acquistate dalle multinazionali o degli stati, per coltivazioni intensive a scopi speculativi e non sempre testate per la salute umana, oppure sfruttate a fini non alimentari.
Modelli di sviluppo scellerati hanno prodotto le terre dei fuochi, non solamente quella tristemente conosciute da noi come la ex “Campania felix”, ma molte altre ancora. Intere aree del pianeta sono avvelenate dai rifiuti industriali tossici prodotti da imprenditori senza scrupoli, smaltiti dalle organizzazioni mafiose, sempre più globalizzate, con la complicità di governanti corrotti.
La terra violata e ferita soffre anche per le scellerate cementificazioni dell’ultimo secolo che hanno tolto respiro alle città, privato del verde i suoi abitanti creando quartieri disumani affiancati ai capannoni industriali rivelatisi nocivi e fallimentari. La miopia e la corruzione hanno sfigurato paesaggi bellissimi creando all’ambiente danni spesso irreversibili. L’avidità e la superficialità dell’uomo moderno è la causa dell’inabitabilità di tante megalopoli, di tanta povertà e della poca salute dei suoi abitanti. Come una madre esigente, la terra, vuol essere curata, come una madre giusta vuol essere equamente distribuita, come una madre profonda vuole essere conosciuta. È giunto il tempo di riconciliare l’uomo e la natura, questo perverso allontanamento, questa mancanza di amore per la terra altera l’equilibrio dell’uomo, rende insicuro il suo futuro ed è causa di tristezza e di dolore. Auguriamoci che Il felice tema dell’expo 2015 segni l’inizio di una condivisa responsabilità per riparare alle ingiustizie e ai danni. La questione si fa oggi antropologica, chi è l’uomo e dove va? Tutto concentrato sulla tecnologia, sulla genetica, sulla robotica dimentica da dove viene, chi l’ha accolto, chi l’ha nutrito, chi l’attende.
Andrea Pio Cristiani