Lo Sciamano

10,00

Un libro toccante che racconta la storia di una sofferenza incolmabile che diventa un gesto di infinito amore verso gli ultimi della terra.

Dall’introduzione al libro di Don Andrea: “ Questo singolare diario è un vero balsamo per l’ uomo contemporaneo spesso vittima della cultura del nulla, assoggettato ad una vita che lo consuma senza senso, ignaro di ciò che può renderlo veramente felice.”

Prima edizione

Recensione di Sandro Cappelletto

C‘è un prima. Una mattina di giugno padre e figlio sono alle pendici del Monte Bianco, in cammino verso il ghiacciaio di Trè la Tête. Il figlio sta finendo il liceo, immagina il proprio futuro, vuole darsi da fare per ridurre  «le disuguaglianze immorali che colpiscono soprattutto l’Africa». E c’è un dopo, generato da un gesto definitivo: Matteo, con la sensibilità esasperata che spesso travolge gli adolescenti, si toglie la vita, sopraffatto da un senso di impotenza verso quelle ingiustizie.

Quando riemerge dal dolore che paralizza, suo padre, Valter Ulivieri, decide che il dialogo con Matteo non deve interrompersi. Il solo modo per continuarlo  è realizzare qualcosa che gli dimostri quanto si è sbagliato. Lo sciamano è il libro che sa raccontare, scolpendo fatti, gesti e parole, questa vicenda unica. Ulivieri si rivolge al Movimento Shalom.  Don Andrea Cristiani, il fondatore, lo ascolta e lo sfida: abbiamo il progetto di costruire un orfanotrofio nel nord del Burkina –Faso, al confine con il Mali, in una regione pre-desertica, la più povera di una nazione poverissima. Occupatene tu. Valter accetta e ce la fa: nasce, tra entusiasmo ed enormi difficoltà, “Casa Matteo”, che ancora oggi nel villaggi di Gorom-Gorom accoglie circa 30 bambini. Nella sala di uno dei tre padiglioni, un quadro ritrae Matteo mentre sorride. Ogni volta che lascia quell’orfanotrofio per tornare nella sua Piombino, il padre si ferma qualche minuto a dialogare con il figlio. Ulivieri è laureato in agraria, è stato a lungo dipendente di una catena della grande distribuzione; una cooperativa di contadini burkinabé che coltiva fagiolini gli chiede di aiutarli a rinascere dopo il fallimento. E’ un’altra sfida, prima vinta e poi persa: le pagine che raccontano questa impresa sono una testimonianza che ogni agenzia della cooperazione internazionale, ogni singolo cooperante deve conoscere per comprendere sia le potenzialità di un reale miglioramento delle condizioni di vita dei più poveri del mondo, sia la spietatezza della corruzione che si è incistata negli organismi nazionali e internazionali dedicati, in apparenza, al loro sviluppo. Quando Ulivieri viene premiato, sa che quel progetto è già stato fatto morire, perché la ricchezza generata ha suscitato invidia e cupidigia. Episodi come questo alimentano la propaganda e la militanza jihadista: il Burkina-Faso è oggi una nazione  devastata dal terrrorismo, di fronte al quale il governo appare impotente. Il titolo di questo libro che non lascia indifferenti, è un omaggio ad Ablassé, il vecchio sciamano di un villaggio al quale Ulivieri si rivolge perché lo aiuti a capire che cosa accadrà di lui: se quanto sta facendo ha un senso, dove lo condurrà. L’asciutta prosa dell’autore restituisce la convivenza di attrazione e incredulità che sempre accade quando la nostra mentalità razionalista incontra il pensiero animista.