Immigrazione: per alcuni è diventato una specie di “sport estremo”. Intervista a don Andrea Cristiani

Immigrazione: per alcuni è diventato una specie di “sport estremo”. Intervista a don Andrea Cristiani

Immigrazione: per alcuni è diventato una specie di “sport estremo”. La posizione fuori dal coro di don Andrea Cristiani rilasciata in un’intervista di ritorno dalla Puglia
Movimento Shalom –     Il Fondatore del Movimento Shalom, don Andrea Pio Cristiani – ospite a Taranto della Sezione pugliese della Onlus per presentare il 16 giugno il libro fotografico “Movimento Shalom: il figlio inatteso” pubblicato in occasione del 40° anniversario dell’associazione – si è recato il 17 Giugno ad incontrare i migranti giunti la sera precedente nel capoluogo jonico ed alloggiati al centro di accoglienza allestito da Comune e Prefettura di Taranto nell’asilo dismesso “Baby club”.
Nel giro di una settimana, infatti, la città di Taranto ha accolto già migliaia di emigrati: si è al quarto ‘sbarco’, nell’ambito delle operazioni di salvataggio condotte alle porte dell’Italia dalla Marina Militare per l’operazione “Mare Nostrum”. Tanti volti, provenienti per lo più dall’Africa, molti i siriani in fuga dalla guerra che da mesi flagella il proprio paese; per lo più uomini, di cui molti minorenni, ma anche famiglie con prole al seguito, scampate alla furia del mare e approdate sull’italico suolo dopo aver affrontato viaggi in condizioni estreme, illegali, costosi e dopo aver attraversato il deserto prima ed il Mediterraneo poi. Nella serata di ieri, al porto di Taranto, sono sbarcati 1.205 profughi, in totale ne sono giunti circa 2600, ma di loro solo alcune centinaia sono rimaste nei centri in cui hanno trovato ospitalità; gli altri sono ripartiti dopo poche ore verso altre destinazioni.
Con l’occasione della visita ai migranti accolti nella città dei due mari, dove la sede pugliese dello Shalom opera da quasi 18 anni e si sta rendendo disponibile con i suoi volontari in azioni di aiuto per l’accoglienza degli stessi, abbiamo chiesto a don Cristiani, di fronte agli innumerevoli sbarchi di migranti nel territorio italiano, quale la posizione ideologica del Movimento Shalom?
  “Per comprendere come il nostro Movimento si pone sul caso immigrazione, mi soffermo su cinque riflessioni: la prima, ovvia, mi sento di affermarlo con forza, è che da parte nostra, dell’Italia, c’è il dovere dell’accoglienza, umana e fraterna, per noi cristiani. In seconda battuta, invece, occorre fare un distinguo fra i migranti. Penso che per coloro che vengono da paesi belligeranti, dove impera la violenza e si è a rischio della propria sicurezza, dobbiamo consentire un diritto alla fuga dai loro paesi. Se veramente l’alternativa è la vita o la morte, dobbiamo comprende l’esigenza della persona umana mossa dall’istinto di sopravvivenza e, come Shalom, riconosciamo il diritto a mettersi in salvo, sebbene le condizioni con le quali avviene questo salvataggio passino attraverso la criminalità e la malavita. D’altro canto però, e sono convinto che magari non tutti si troveranno d’accordo con noi di Shalom, non possiamo correre il rischio che questo diventi una specie di “sport estremo” che induce una persona a sfidare le proprie forze, la propria resistenza per partire dalle proprie terre impoverendole. L’abbandono indiscriminato dei paesi natii mi pare una irresponsabilità perché riconosciamo come primario per la persona il dovere di vivere nella propria terra e impegnarsi con responsabilità per migliorarla, di non fuggire di fronte ai problemi, ma adoperarsi come cittadinanza attiva per fare in modo che le condizioni che rendono invivibile la vita siano in qualche modo rimosse. Non è possibile aprire indiscriminatamente le frontiere a tutta l’Africa perché se l’unico motivo che induce a migrare è la povertà, l’ansia della tecnologia, fuggendo e lasciando i propri affetti, i valori della cultura del proprio popolo, allora motivazioni così ci sono per tutti e ci sarebbero anche per noi. Tanti dei nostri giovani vorrebbero avere possibilità finanziarie per andare in altri paesi, per avere un lavoro e liberarsi dalla disoccupazione, trovare finalmente una casa, ma non possono farlo sia per mancanza di economie favorevoli sia per la inospitalità di altri paesi. Pertanto la povertà, a mio avviso, non può essere un elemento motivante per mettere a repentaglio la propria vita e noi non dovremmo incoraggiare tali atteggiamenti.
   Terza riflessione: gli italiani, che stanno vivendo un periodo di profonda crisi per la mancanza di lavoro con tutte le problematiche sociali ad essa connesse, non sono in grado di far fronte ai bisogni di tanta gente che arriva ed arriverà sempre più numerosa. Questo non può essere visto come un problema italiano, è un problema europeo, anzi di tutta l’area occidentale evoluta, anche perché i fenomeni che si verificano sono stati causati dalle sbagliate politiche di colonizzazione del passato, ma anche dalle politiche ancora più deleterie della post-colonizzazione che ha visto gli stati concludere affari milionari con i dittatori ‘fregandosene’ letteralmente dei diritti della gente che ha continuato ad essere oppressa da regimi feroci e dalla miseria. Ora la gente di questi paesi, semplicemente, ci rimette il conto, purtroppo lo rimette a noi italiani che forse fra i colonizzatori non siamo poi stati proprio i peggiori, ma per nostra disgrazia gli ultimi!
  Quarto punto: vedo lo sforzo finanziario necessario per poter offrire una adeguata e dignitosa ospitalità ai nostri fratelli e mi chiedo, se spendiamo 35/40 € al giorno per assistere qui ognuno di loro, non sarebbe più opportuno finalizzare questi danari in una cooperazione di sviluppo nei loro paesi? Se investissimo nelle attività produttive e formative dei loro paesi, non sarebbe forse meglio?
  Infine, mi preme sottolineare l’inganno perpetrato dai mezzi di comunicazione verso questi fratelli ai quali viene lasciato credere, dalle nostre pubblicità con le perfette famigliole del Mulino Bianco e i nostri cagnolini super viziati, che l’Italia sia il paradiso terrestre. Loro vedono un aspetto del benessere vacuo e ignorano che da noi ci sono tristi retroscena: le fabbriche che chiudono, migliaia di famiglie che hanno la luce staccata, che non hanno acqua e gas, che vivono in condizioni di assoluta povertà e questo lo asserisco perché, oltre che fondatore di Shalom, sono prima di tutto un parroco ed un pastore di anime e vorrei far vedere a questi fratelli i filmati degli italiani che vanno alle mense, che vanno dai religiosi a prendere il cibo perché non ce la fanno più ad arrivare a fine mese. Vorrei mostrare loro l’elenco dei nostri morti giovani, compresi quelli che si suicidano per disperazione, per mancanza di lavoro e per inadeguatezza a provvedere ai bisogni delle proprie famiglie. Perché a questi giovani, che svuotano i loro paesi, non diciamo invece che provengono da terre che hanno ricchezze minerali, ambientali, agroalimentari? Forse non sanno che esiste anche un flusso migratorio di giovani italiani che vanno a lavorare in Africa, ed io ne ho incontrati nelle varie missioni umanitarie Shalom in Togo e in Burkina Faso; non sono consapevoli che la Cina da 20 anni  va nelle loro terre, che i libanesi gestiscono il commercio in questi paesi facendo ricchezze favolose? Io credo che alla base di tutto ci sia un grande inganno, una grande illusione che prima o poi sarà disillusa.
Alla domanda “Cosa propone il Movimento Shalom, come sarebbe opportuno intervenire per evitare lo spopolamento del suolo africano, dove restano principalmente donne bambini ed anziani?” don Andrea Cristiani ci spiazza ancora una volta, proponendo una riflessione controcorrente e di denuncia sulle condizioni di vita in Africa e sul ruolo della donna.“Forse le donne non sono mai state tanto bene come quando se ne vanno gli uomini – ha asserito con amara ironia. L’uomo purtroppo non costituisce la vera forza lavoro dell’Africa che è un continente prevalentemente sostenuto dall’economia femminile. Il vero sesso forte africano è la donna che non solo si addossa il peso della famiglia e della casa ma anche il lavoro e talvolta anche lo stesso mantenimento del marito più incline al vagabondaggio e all’alcolismo. Questo va detto, anzi, va anche rilevato che i problemi spesso aumentano al loro ritorno, quando, unendosi con le proprie mogli, avendo avuto costumi sessuali dissoluti, diventano portatori di malattie come l’aids, altra piaga del continente nero. Fatta questa precisazione, l’azione del Movimento Shalom verte da 40 anni sul favorire l’amore per la loro cultura e dissuadere le politiche migratorie verso l’Europa dove di lavoro non c’è ne è più neppure per gli europei. Shalom, con le sue opere di cooperazione internazionale volte a soddisfare i diritti fondamentali e i bisogni primari dell’uomo – realizzando progetti a sostegno dell’istruzione, alimentazione, sanità – lavora da sempre sull’autostima dei giovani africani, perché vincano il complesso di inferiorità, siano orgogliosi della loro terra e capaci di mettere a profitto le loro immense ricchezze naturali”.
 
Il Governo italianosta provando a fronteggiare tale emergenza nel miglior modo possibile, secondo le proprie disponibilità, ma spesso un ruolo fondamentale nell’accoglienza dei migranti è assunto dal volontariato. A Taranto molto è stato fatto per dare dignitosa ospitalità da parte di semplici cittadini, volontari improvvisati, associazioni, parrocchie che si stanno adoperando per diminuire i disagi di questi fratelli. Ma, per chi è dentro il mondo del volontariato e del terzo settore, viene naturale interrogarsi su quanto dicotomica possa essere la posizione degli italiani: prodighi, a volte anche un po’ sprovveduti, verso il prossimo sbarcato sul suolo italiano in condizioni di grande bisogno, ma, spesso, poco inclini a impegnarsi in associazioni come lo Shalom per costruire condizioni e possibilità favorevoli nei  paesi d’origine e ripristinare quei diritti negati.
   “Questa gara di solidarietà che gli italiani e i tarantini stanno promuovendo nei confronti dei fratelli migranti è senza dubbio semplicemente da elogiare, è un atto umanamente dovuto. E’ stato bello stamane vedere al Baby club come ragazzi e ragazze si prodigassero per gli ospiti del centro, provvedendo ai loro bisogni alimentari, di igiene, coccolandoli, forse persino un po’ troppo, facendoli illudere che la loro vita nei paesi ospitanti possa sempre essere così ovattata. Magari sarebbe bello spingerli a collaborare, a fare insieme le pulizie, a darsi da fare insieme ai volontari. Però un limite della persona, specie nei giovani, è l’emotività; esiste una visione sentimentale della solidarietà condizionata anche dai mezzi di comunicazione. Nel frammento del tempo c’è l’entusiasmo, ma la molla che lo spinge è l’emotività, invece il lavoro costante in un’associazione comporta un altro livello di maturità, una vera determinazione e responsabilità. Per lavorare e per far sì che queste cose non avvengano ci vuole maturità, costanza, meno protagonismo e, a volte, nessuna soddisfazione immediata. E’ un po’ una ‘solidarietà della leggerezza’ determinata dalle necessità del momento e dettata dal limite dell’emotività. La vera capacità è nel ritagliarsi tempo per mettersi a disposizione di laboratori di pensiero e sostenere programmi, affinché queste cose non abbiano ad accadere perché è l’accadimento che dobbiamo impedire e frenare”.
 
Katia Centrone – Ufficio Stampa
Movimento Shalom