Intervista all’ex giocatore della Fiorentina Celeste Pin

Intervista all’ex giocatore della Fiorentina Celeste Pin

Il 5 di gennaio si è tenuta alla Casa di Reclusione di Volterra la prima Partita Galeotta, come nasce questa iniziativa a cui ha partecipato?

Mi ha contattato Moreno Roggi – che fa parte delle Glorie Viola – e mi ha chiesto se avevo la volontà e il tempo per venire a fare questa esperienza. Ho accettato volentieri anche perché io già avevo fatto un’esperienza simile nel carcere di Sollicciano. Per me è un piacere condividere questo genere di iniziative con dei ragazzi che hanno avuto sì dei problemi nella vita, e non vanno dimenticati, ma vanno aiutati a recuperare.

Questa iniziativa fa parte del calendario della Nazionale Shalom, una squadra di calcio di cui fanno parte tante glorie del calcio italiano. Da cosa nasce questa esperienza?

Nasce come esperienza di volontariato per dare il nostro contributo a iniziative a sostegno di chi è meno fortunato.

Quali altri giocatori fanno parte della Nazionale Shalom?

Quel giorno eravamo presenti io, Esposito, Firicano, Florio, Moreno Roggi come organizzatore, Giuseppe Gulotta. Ma della squadra fanno parte anche molti altri che – compatibilmente con i diversi impegni – si mettono a disposizione quando ci sono degli eventi.

L’obiettivo di questa partita, oltre allo scopo sociale di dare un’occasione di svago, di incontro, di scambio con i ragazzi del penitenziario, era anche quello di raccogliere fondi per un progetto del Movimento Shalom di sostegno ai rifugiati interni del Burkina Faso. Quindi lo sport diventa uno strumento di solidarietà nazionale ma anche internazionale.

Sì, questi eventi sono finalizzati a raccogliere dei fondi, e per questo motivo gli organizzatori richiedono la partecipazione di giocatori come noi che abbiamo un passato in diverse squadre di serie A, e che quindi possiamo portare un po’ di visibilità all’evento. Noi d’altra parte partecipiamo volentieri.

Tecnicamente la partita come è andata?

Abbiamo giocato praticamente in una gabbia, i ragazzi del carcere ci raccontavano che lì si allenano in maniera costante, e noi li abbiamo affrontati come potevamo. Più che di tecnica o tattica si è trattato di un discorso di “presenza”, per realizzare il loro desiderio di confrontarsi con giocatori che hanno giocato in serie A e nella nazionale. Per loro è stato importante come una prospettiva, una speranza, che può aiutarli nel loro cammino di riscatto.

Come è stata l’atmosfera in campo?

Corretta. Infatti lo dicevo con i ragazzi quella sera, quando c’è in ballo l’agonismo, si rischia di esagerare. Per questo mi sono complimentato, anche con Moreno, dicendogli: “Oggi, mi hai fatto un regalo”.

E’ stata quindi un’esperienza positiva?

Sì assolutamente, e sicuramente se ci sarà un’altra occasione parteciperò volentieri.