Le parole sono importanti

Le parole sono importanti

Per questo l’attività mediatica e giornalistica gioca con le parole e troppo spesso le trasforma nel loro contrario.

Politically incorrect …politically correct. E la verità?

Abbiamo assistito da pochissimo alla campagna elettorale americana, poi, in ambito nazionale, a quella per il referendum costituzionale. Guerre di parole, senza esclusione di colpi, ma soprattutto guerre di ambiguità, di mezze verità, di amplificazioni, di esagerazioni. Quando si discute ad esempio su un testo di legge e schieramenti opposti si fronteggiano, se ci si ferma un attimo a riflettere ci si rende conto che l’unica cosa che non viene fornita al lettore/spettatore/fruitore, è proprio il testo della legge stessa. Vengono fornite interpretazioni, sommari, riassunti, spiegazioni. Ma non il testo. Se un intervistatore intraprendente avesse chiesto a cento persone la loro reale conoscenza del testo al quale si riferiva il quesito referendario o del programma dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti, quale sarebbe stata la risposta?
Pensiamo alle guerre dei nostri tempi. Un generale conosciuto in Bosnia mi diceva: “Oggi le guerre non si dichiarano, si fanno e basta. E non finiscono mai”. Oggi le guerre non cominciano e non finiscono: si stemperano e si prolungano nell’oblio e nella conflittualità permanente. Le guerre di armi si preparano attraverso guerre di parole. Propaganda, bombardamento mediatico, messaggi occulti e palesi, costruzione di false prove, inversione totale delle realtà oggettiva, testimoni falsi, testimonial famosi e buonisti di professione: tutto serve a rendere accettabile la guerra vera, quella delle armi.
E’ sufficiente chiamare le guerre in altro modo: per esempio “interventi umanitari”, e tutto passa.
Cambiare i nomi a cose, organizzazioni, persone, per ottenere un risultato di immagine opposto a quello reale. L’abbiamo detto più volte: un laboratorio fondamentale per questa attività di distorsione/falsificazione/travisamento del reale è stato ed è, insieme a molti altri, il Kosovo. Come molti altri luoghi dove si sono sviluppate le cosiddette “missioni di pace”: i civili sterminati diventano “effetti collaterali”, il nascondimento di simboli e strumenti militari troppo evidenti diventano “low profile”, l’occupazione militare diviene “esportazione della democrazia.” E via dicendo…
Si tratta di un gioco pericoloso di travisamento, una sorta di travestissement permanente della verità; Quindi come nella migliore tradizione gattopardesca, si continua a cambiare tutto perché nulla cambi, ma spesso si tratta soltanto di un’ipocrisia, di una farsa mal riuscita della cosiddetta comunità internazionale.
La guerra delle parole continua ad essere vinta da chi combatte sul versante opposto della verità.
Prendiamo ancora ad esempio le recenti disposizioni di legge in materia di lavoro e di pensioni: tutte le norme, varate e chiamate con misteriosi e roboanti nomi inglesi, servono a mascherare una realtà di disperazione e di non futuro che è tangibile anche solo camminando per le strade e parlando con le persone. Tutto serve solo a travestire, celare, nascondere, confondere; a nascondere soprattutto il fatto che il lavoro non è cambiato, come si dice elegantemente: il lavoro semplicemente non c’è.
E pensiamo alla cronaca nera: molte donne sono state vittime in questi ultimi anni di violenze domestiche, di efferati omicidi, di rapimenti e sparizioni. Ebbene, generalmente le trasmissioni che fioriscono sulla morbosa attenzione del pubblico a questo genere di fatti, ben lungi dall’approfondire come nascono i fenomeni di violenza domestica, di stalking, di molestie assillanti, esponendo con falsa pietà e dovizia di particolari l’orrore della persecuzione e morte della vittima, in realtà promuovono spesso una sorta di crocifissione della vittima anziché del carnefice, esponendo la sua vita ad una analisi tanto dettagliata quanto superficiale, raccogliendo giudizi e commenti senza approfondimento e senza contestualizzazione.
E dove è la verità? Ma soprattutto a chi interessa? Di fronte alle leggi del mercato dell’audience, di fronte alla regola della domanda e dell’offerta, davvero a chi interessa la verità?
Marilina Veca