Sostegno all’imprenditoria delle donne in Uganda

Sostegno all’imprenditoria delle donne in Uganda

L’Uganda è dotata di innumerevoli risorse naturali che includono suoli fertili, piogge regolari, numerosi corsi d’acqua, depositi di rame, oro ed altri minerali e una riserva di petrolio stimata in 3 miliardi di barili. Grazie alla pace degli ultimi decenni il paese ha visto una crescita economica, che ha portato ad una riduzione della povertà dal 56% nel 1992 al 24,5% nel 2009. Tuttavia il numero assoluto dei poveri è aumentato a causa della crescita demografica: circa 7.5 milioni di ugandesi (circa un quarto della popolazione) vive sotto il livello di povertà, con una maggiore concentrazione nelle zone rurali, dove abitano circa l’87% degli ugandesi.
Il paese ha un grande potenziale agricolo: infatti circa l’81% delle famiglie svolge attività nel settore dell’agrobusiness, e secondo la FAO il paese ha una produzione agricola sufficiente a nutrire la sua popolazione e a permettere di esportare il surplus, tuttavia il paese non è in grado di nutrire la sua popolazione in crescita in modo sostenibile. Un’indagine del World Food Program mostra che quasi metà della popolazione (il 48%) mostra carenze alimentari, nel senso che ha una dieta insufficiente per sostenere una vita salutare. Il problema essenziale è costituito da una scarsa diversificazione degli alimenti, con una grave carenza di proteine, e una netta predominanza di mais e manioca.
Gli agricoltori non hanno le risorse per migliorare i raccolti, per superare l’agricoltura di sussistenza e poter vendere il surplus produttivo e comprare i nutrienti mancanti. Questo dato è ancora più evidente nel caso di famiglie con un capofamiglia donna, quindi con una sola fonte di reddito: nella maggior parte dei casi esse non arrivano a soddisfare i bisogni alimentari di tutta la famiglia. Le donne hanno infatti meno possibilità di poter accede a prestiti per migliorare la propria attività o per far fronte a crisi alimentari dovute per esempio alle siccità, e in generale sono meno alfabetizzate degli uomini, soprattutto nelle zone rurali, e restano così bloccate in un ciclo di lavoro mal pagato, povertà e insicurezza alimentare.

Nel 2017 grazie ad un finanziamento della Tavola Valdese, è stato possibile sostenere la St. Jude Bbanda Shalom Women’s Group, un’associazione di donne cui fanno parte 76 donne nel distretto di Mityana, a circa 70 km dalla capitale Kampala per l’avvio di allevamenti di maiali: animali che hanno un rapporto di costo / guadagno vantaggioso rispetto ad altri tipi di animali da cortile: sono meno soggetti a malattie, si nutrono di scarti alimentari e agricoli, la costruzione delle porcilaie è più economica rispetto ad altri tipi di stalle e il loro allevamento è adatto anche per le donne; al contempo la quantità di carne che si ricava per la vendita è vantaggiosa. Inoltre il letame può essere come fertilizzante per le attività agricole della famiglia e l’urina come pesticida. Le donne beneficiarie, dopo una prima fase di formazione tecnica e gestionale, hanno ricevuto le risorse per l’avvio di un piccoli allevamenti di maiali; i ricavati dalla vendita dei maiali viene usato per migliorare le condizioni di vita della famiglia e per la scolarizzazione dei figli.

Nel 2019 la Tavola valdese ha rinnovato il suo sostegno al progetto, attraverso un finanziamento rivolto questa volta alle 65 donne dell’associazione St. Mary’s Buyambi che hanno ricevuto 2 maialini ciascuna, una fornitura di cibo e i vaccini per gli animali. Inoltre sono state costruire 32 porcilaie, una ogni due donne, localizzate in zone facilmente raggiungibili da entrambe le beneficiarie. I maialini sono stati distribuiti tra agosto e settembre 2020, a gennaio-febbraio 2021 è iniziata la fase riproduttiva, i nuovi maialini sono nati tra maggio e giugno e a due mesi potranno essere mesi in vendita, quindi tra agosto e settembre 2021. Saranno venduti ad altri allevatori e a macellerie che ne venderanno la carne. Da settembre 2021 inizieranno quindi le restituzioni del prestito; a causa delle criticità vissute dalla popolazione e rilevate dalle beneficiarie, si è deciso di concedere una rateizzazione in 12 mesi, per ridurre la quota mensile della restituzione.