1990, il viaggio di don Luciano Marrucci in Amazzonia

1990, il viaggio di don Luciano Marrucci in Amazzonia

di Jacopo Mancini, giornalista

Nel 1990 tre sacerdoti della diocesi di San Miniato partirono per una missione di pace verso l’Amazzonia. Trent’anni dopo, papa Francesco ha voluto dedicare una grande assemblea sinodale proprio alla regione Pan Amazzonica, con un tema importante per il futuro non solo della chiesa cattolica: “Nuovi cammini per la chiesa e per una ecologia integrale”.

Il papa si è aperto alla popolazione dell’Amazzonia, ha parlato di Greta, dei giovani che chiedono un futuro diverso, addirittura ha parlato di una apertura alla ritualità di queste popolazioni, con una posizione radicalmente diversa da quella che la chiesa ha tenuto almeno negli ultimi cinquecento anni, da quando fu scoperta l’America.

Nel 1990, al tempo della missione Shalom, i tre sacerdoti andarono a rappresentare il Movimento, muovendosi con questo spirito: la curiosità di conoscere, il desiderio di aiutare, l’idea di un progetto anche stavolta di solidarietà, una spinta verso una nuova ecologia che allora era tutt’altro che scontata.

Questi sacerdoti erano don Andrea, che aveva appena quarant’anni, don Donato che ne aveva solo trentadue e don Luciano Marrucci, il più grande dei tre, che di anni ne aveva sessantuno, anche se nelle tante cronache che dedicò al viaggio confessò di essere stato un semplice accompagnatore, guidato dai due attivissimi sacerdoti più giovani.

Fu per tutti e tre un viaggio importante, che avrebbe dato vita a tanti eventi di straordinario valore, contribuendo alla formazione di un’idea di vita per i migliaia di soci (oltre ventimila) che il Movimento si sarebbe guadagnato nel mondo; un’idea che ha trovato nell’incontro con papa Francesco una sorta di consacrazione. Il Movimento con questo papa è stato ulteriormente motivato, ha ricevuto una nuova investitura.

Di tutto questo si parla, adesso nel libro “L’uomo della melagrana, vita di Luciano Marrucci poeta e prete”, scritto da Andrea Mancini per La conchiglia di Santiago. Anche questo libro è stato favorito da Shalom, che insieme alla Regione Toscana ha ricordato il sacerdote nel bando su “I grandi Toscani”, in occasione della Festa della Toscana 2019.

La pubblicazione sul prete di Moriolo ha molte pagine sugli articoli che don Luciano volle dedicare al viaggio, articoli usciti per molte settimane su La Domenica e poi anche su Famiglia Cristiana, in uno scritto ricchissimo di fotografie, che mostravano tra l’altro questi sacerdoti in pose divertenti, come una che mostra don Luciano e don Donato, avvolti da un grande serpente che ne abbraccia il corpo, un po’ quello che fa la popolazione dell’Amazzonia, lo scrive don Luciano, che “con tenerezza”, vuole conoscere “ognuno dei nostri nomi per ripeterli con un’eco lunga che va fino alla foresta… Fino a notte fonda si sentono ripetere questi nomi. C’è la forza di una grande dolcezza in quel rito ripetuto sotto un firmamento diverso. Tutto ciò ci è sembrato assurdo e, tuttavia, meraviglioso: un’esperienza forse nemmeno da raccontare e da serbare quasi per noi, perché certe cose hanno significato soltanto per coloro che le hanno vissute”.

Nel libro citato si dice anche che, a distanza di pochi mesi, lo stesso don Marrucci dedicò la Festa del Teatro di San Miniato, organizzata dall’Istituto del Dramma Popolare, di cui era direttore, proprio alla teologia della liberazione e ad uno spettacolo “Il potere e la gloria” di Graham Greene (che si svolgeva nel Messico degli anni ‘40). Una rappresentazione che già negli anni Cinquanta aveva suscitato un’ampia sequela di contestazioni da parte della chiesa più retrograda, quando appunto l’Istituto sanminiatese l’aveva portata per la prima volta sulle scene. Ma quelle polemiche rientrarono immediatamente quando Giovan Battista Montini, allora Segretario di Stato Vaticano, appoggiò lo spettacolo, stimolando un articolo di plauso proprio sull’Osservatore Romano, che in un primo tempo lo aveva attaccato.

Insomma nella chiesa ci sono da sempre anime belle, che sostengono anche popoli alla “fine del mondo”, quelli che vengono dagli stessi luoghi da dove arriva uno straordinario pontefice di nome Francesco.